Party Girl

Di Francesco Marilungo

con Alice Raffaelli, Annalisa Privati, Barbara Novati

in residenza dal 6 al 10 febbraio 2019

Secondo G. Bataille, la figura che per antonomasia incarna l’essenza del desiderio è la prostituta, archetipo che rappresenta la morte sotto la maschera della vita e pertanto ha il significato stesso dell’erotismo, luogo in cui morte e vita si confondono. La prostituzione fa del corpo offerto un “oggetto morto” da cui si scatenano le passioni. Il corpo diviene oggetto del desiderio: il suo stato di passività permette in chi lo osserva di associargli una figura desiderata.
Party Girl parte da questo processo di oggettivizzazione del corpo. Verranno prese in esame quelle posture e quei movimenti che nell’immaginario collettivo innescano il desiderio, per svuotarle di significato attraverso un corpo che mano a mano diventa inorganico e si fa oggetto. I movimenti verranno stilizzati, segmentati, rallentati in una danza minimale.
Drammaturgicamente, si partirà da foto e interviste fatte a delle prostitute da A. D’Agata, per costruire con ciascuna danzatrice una partitura fisica individuale.

 

FRANCESCO MARILUNGO
Dopo gli studi in Ingegneria Termomeccanica e un periodo di ricerca nel settore aerospaziale, volge il suo interesse verso le arti performative formandosi presso l’atelier di teatrodanza dell’Accademia Paolo Grassi di Milano.
Come performer lavora per Enzo Cosimi e Alessandro Sciarroni. Parallelamente avvia un personale percorso coreografico volto alla ricerca di un codice che metta in relazione la performance art e la danza contemporanea.
Attento al rigore compositivo di matrice RTC (Real Time Composition), focalizza il suo interesse nella creazione di atmosfere frutto della giustapposizione di immagini strutturate su più livelli di rappresentazione. Nei suoi lavori ricorre al corpo come portatore del duplice valore iconico/narrativo per indagare le figure archetipiche dell’inconscio collettivo con particolare attenzione al perturbante, a tutto ciò che è connesso al desiderio interdetto.
Il lavoro raggiunge un originale sviluppo in sala prove solo in seguito a un’attenta ricerca che attraversa e coniuga più campi: dopo aver indagato un soggetto attraverso la scrittura, la lettura, la discussione e la ricerca audiovisiva, traduce attraverso il corpo l’immaginario maturato. In sala si sottopone al suono, al silenzio e alla dissonanza, a volte anche sovraccaricando mente e corpo di stimoli, per vedere come questi ultimi reagiscono e quindi raggiungere una visione cinetica del soggetto.
Come diretta conseguenza della sua formazione scientifica, i suoi lavori hanno una struttura matematico-cartesiana.
Ogni elemento scenico viene considerato come un’entità complessa costituita da una miriade di equazioni che vanno a costituire l’intero sistema della performance.