Durante la residenza saranno sviluppati i materiali video per lo spettacolo Danse Macabre! Il progetto è un invito austero a danzare verso l’ignoto, legando e affermando relazioni con il mondo attuale, ricercando attraverso una commistione visionaria tra corpi danzanti, film, musica elettronica e luce.
La danza macabra è una tradizione tardo-medievale che combina arte visiva, architettura, poesia e altri linguaggi. È una delle tematiche iconografiche più sviluppate nella storia dell’arte occidentale estremamente legata anche alla diffusione della peste nera, epidemia che alla fine del Medioevo mieté milioni di vittime per tutta l’Europa, ma che fece emergere un pensiero più complesso sulla realtà, che vide l’uomo tentare di indagare più a fondo il suo rapporto con il mondo terreno.
La danza propria dei morti, deriva dal concetto più generale che ogni movimento sopramondano e dell’aldilà sia danza: danzano le stelle, gli dei, gli spiriti, la natura.
Il progetto cerca di rivelare una nuova forma di danza macabra, cosciente della sua virtualità premoderna, sviluppando una danza che riveli se stessa liberandosi dallo stress epidemico. Questo progetto immagina una performance per un gruppo di 4 danzatori, uno spazio in costante rapporto tra presente e passato, coinvolgendo in un dialogo energetico l’essere umano cui si avvicina, cercando una trasformazione simbolica dell’esperienza della danza.
Attraverso l’inclusione di un film come terzo elemento della costruzione scenica che, registrando alcune parti della coreografia da diverse angolazioni e proiettate in sincronia con i ballerini dal vivo, ricercherà un’esperienza di spostamento percettivo dello spettatore.
Parte del materiale video sarà costruito insieme all’artista visivo Roberto Fassone, cercando un’entità altra attraverso dei testi creati, creati anche attraverso dei prompt per l’AI (intelligenza artificiale), che riflettono insieme allo spettatore un immaginario sull’idea di aldilà. Questi video definiranno lo spazio scenico con l’obiettivo di mostrare la vitalità dell’immagine in un momento storico in cui la sovrappopolazione della stessa sembra quasi decretarne la fine. La danza tenta di liberarsi dalla “violenza della rappresentazione” oscillando tra poli differenti per accostamenti, rendendo visibile l’invisibile in una tensione ipercosciente, facendo scattare una riflessione fra la vita e la morte, dove solo l’arte del contrappunto può produrre una melodia. Vedere genera un altro modo di sentire, dove l’immagine video pone di fronte una promessa illusoria, creando una dissonanza cognitiva in chi guarda.