LIMITE VIVO (IL BULLO FACEVA, SE VEDEVA UN CANE…)

Silvia Mai

In residenza: dall'6 al 21 maggio 2021

Il limite vivo nasce in dialogo, nel confronto tra due menti che si interrogano al “confine” tra le parti conosciute e integrate di sé, e le parti recise, tenute nascoste. Dentro i compromessi che troviamo per disporci alla socialità e all’incontro sembra sia più conveniente avere una immagine “rassicurante”, secondo ciò che si pensa essere “giusto” rispetto a qualche cosa di “sbagliato”, per meglio sentirci adeguati agli occhi degli altri. Succede allora che i nostri occhi non sono più rivolti a noi e mostrano la difficoltà di scavare con coraggio nell’ombra, guardare con cura gli obbrobri, le paure, le deformità delle nostre strutture. Nel limite vivo si cerca un un pretesto, una immagine che dia la possibilità di cambiare le nostre definizioni in possibili processi. Dove noi poniamo confini ai significati, la presenza dell’altro dimostra che il limite è vivo e flessibile. Dove noi allontaniamo quanto ci ferisce o ci fa vergognare qualcuno suggerisce che guarire è comprendere, tenere conto, prendersi cura. L’esperienza mi ha mostrato che gli animali non hanno pregiudizi sulle cose; essi rispondono momento per momento a ciò che li avvicina sempre di più a sé, alla vita.

Come esseri viventi siamo tutti alla ricerca di quell’”Altro” che ci guida a cambiare le mappe del nostro racconto e a curarci del nostro lato oscuro, maleducato, non compreso né comprensibile, troppo vergognoso o troppo fragile, troppo pesante da sostenere.

Il progetto oggi, pensato per un pubblico presente, si articola in una traccia audio e nella con-presenza di due cani.

La struttura complessiva del lavoro (ancora da verificare integralmente) intende inquadrare una situazione il più possibile aperta al dialogo e al confronto tra persone “umane” e “non umane”, tra animali a due e quattro zampe. Mi interessa soprattutto creare prossimità e accordarmi a quanto la relazione con l’ animale riesca a scuotere dentro: una relazione che quando è radicata nel tempo e in una scelta di vita, al di là della forma, ha la forza di cambiare e allargare la prospettiva sulla vita stessa. La stessa traccia audio ha di per sé questo intento: non tanto la narrazione mia personale degli alpeggi e della transumanza) quanto uno sguardo nudo sulla ricerca di vita in cammino, nata nell’esperienza di sei anni di lavoro con gli animali e dieci di studio e lavoro sul corpo: attraverso un dialogo tra un essere bambino e un essere animale si tenta di mettere a fuoco la necessità delle relazioni, dell’abbracciare la complessità dell’esistenza e della con-vivenza. Fare pace forse con le mostruosità che sentiamo esistere anche dentro di noi e poterle ascoltare. E come un bambino, immaginare una possibile redenzione, una più ancora necessaria alleanza con l’anima del mondo. Ciò che ci avvicina è la stessa radice… anima. Animale.

Silvia Mai. Danzatrice/pastora d’alpeggio. Il percorso in ambito artistico è segnato dall’incontro con Raffaella Giordano, Silvia Rampelli, Dominique Dupuy, Claudia Dias, e dall’esperienza sulla scena come interprete e autrice. Dalla matrice performativa inizia la ricerca di strumenti per affinare la percezione e la consapevolezza  del movimento nella relazione con lo spazio e il tempo, dirottando passo dopo passo verso un desiderio di concretezza e realtà. Per alcuni anni si distacca dall’ambiente della danza per entrare nella vita degli alpeggi e della pastorizia, dove abbraccia la vita con gli animali. Oggi vive e condivide ogni pretesto e lavoro con i suoi cani Gringo ed Eco, insieme ai quali immagina un progetto di vita integro e coerente.

 

Silvia Mai è inserita in “Intercettazioni” –  Centro di Residenza Artistica della Lombardia: un progetto di Circuito CLAPS e Industria Scenica, Milano Musica, Teatro delle Moire, ZONA K, con il contributo di Regione Lombardia, MiBAC e Fondazione Cariplo.

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