It’s always tea-time 2

Un lungo tavolo in un bianco candore. Si apparecchia, si sparecchia. Con cura, con molta cura, alla ricerca di un’eleganza che non è estetica ma un moto dell’anima, un’attenzione alle piccole cose. Un luogo, una casa sospesa nel tempo. Si consumano riti sociali. Ci si ritrova a bere un tè immaginario, a mangiare in assenza di cibo, con lo sguardo rivolto ad Alice nel Paese delle Meraviglie. Non si tratta della deformazione del mondo ma della costruzione di un mondo più o meno simile a quello in cui viviamo e il cui alfabeto sgorga da quell’oscura regione delle primordiali fantasie infantili. Con la leggerezza del gioco si organizzano in un nuovo racconto le immagini che affiorano e svaniscono continuamente. È una forma di elaborazione del lutto per la perdita del padre, dei padri, del mondo. La vita che scorre accanto alla morte. Quel che siamo e quel che siamo stati. Quel che c’è e quel che manca e nulla è come sembra.

“It’s always tea-time” dice il Cappellaio Matto ad Alice, rivelando un tempo impazzito, né circolare, né lineare, semplicemente sempre uguale a se stesso. Dentro questo tempo sospeso, dove ciò che accade è continuamente scandito da suoni, ritmi, azioni reiterate e canzoni provenienti da una vecchia radio, si prosegue l’esplorazione nel solco delle tematiche affrontate nell’ultimo lavoro della Compagnia, Never Never Neverland: l’infantilismo, la rappresentazione del corpo nella società attuale, l’identità.

Anche qui si fa uso con estrema libertà di diversi linguaggi: il teatro, la danza, velati riferimenti ad atmosfere circensi, con uno sguardo alle comiche del cinema muto.

Utensili e complementi d’arredo, recuperati da cantine, bauli e ai margini delle strade, sono di nuovo complici di questa indagine. Materiali di scarto che rinascono a nuova vita, guadagnando un attributo estetico dal quale non potranno più separarsi; e contribuiscono così alla creazione di un mondo senza tempo, in cui cercare un modo per stare ed essere quel che si è e, d’incanto, essere altro in fugace apparenza; trovare il respiro della cosa da dire, lavorare sulla soglia. Prestare attenzione alla ritmica dei corpi che vanno e vengono come se tracciassero segni e poi li cancellassero. Considerare la scia che ogni immagine lascia.